A partire dalla notte del 28/29 ottobre del 1948, nell’operazione stalinista di „1iquidazione” della Chiesa Greco-Cattolica di Romania, fu arrestato il suo intero episcopato, assieme a 25 canonici.
Sei di loro erano vescovi diocesani, mentre il settimo, Mons. Tit Liviu Chinezu, fu consacrato vescovo in clandestinità, durante la prigionia. Tutti sono morti nel corso della detenzione:
Mons. Vasile Aftenie, vescovo a Bucarest, è morto durante l’interrogatorio della Securitate.
Mons. Valeriu Traian Frențiu, vescovo di Oradea, Mons. Ioan Suciu, amministratore apostolico della Metropolia di Blaj e Mons. Tit Liviu Chinezu, vescovo ausiliare di Blaj, sono morti nella prigione di sterminio di Sighet;
Mons. Alexandru Rusu, vescovo di Maramureș, è morto nella prigione di Gherla, dopo un nuovo secondo arresto e una condanna a vita.
Agli ultimi due sopravvissuti, Mons. Ioan Bălan, vescovo di Lugoj e Mons. Iuliu Hossu, vescovo di Cluj-Gherla, fu accorciata la vita quando, privi di libertà e in condizioni critiche di salute, fu negato loro ogni cura medica.
Prima della persecuzione della Chiesa, la cura pastorale dei vescovi ha mirato, tra altro, i giovani (particolarmente Ioan Suciu, „apostolo dei giovani” ha pubblicato varie riviste e catechismi per ragazzi e giovani), la formazione dei sacerdoti (preoccupazione generale dell’Episcopato), la formazione dei laici attraverso le pubblicazioni della Chiesa (Ioan Rusu fu direttore del principale giornale della Metropolia), le visite pastorali (Iuliu Hossu era sopranominato „il vescovo delle visite pastorali”). La Chiesa Greco-Cattolica ha fondato varie scuole confessionali e ha sostenuto lo scoutismo. I vescovi hanno apertamente stimolato e appoggiato l’istituzione di numerose associazioni laiche: l’Associazione Generale dei Romeni Uniti (Azione Greco-Cattolica), l’Associazione degli Studenti Romeni Uniti, l’Associazione degli Scout, la Riunione Mariana e tante altre.
Realizzando il pericolo della soppressione della Chiesa, i sette beati vescovi martiri hanno preparato i laici per resistere con una solida vita spirituale in clandestinità. In tal modo, dopo due generazioni che hanno vissuto clandestinamente la fede cattolica (1948-1989), la Chiesa è rinata dalla tomba preparatale dal regime persecutore comunista.
Concretamente, i vescovi hanno preferito la prigionia e la morte piuttosto che abbandonare la Chiesa e la fede cattolica passando alla Chiesa Ortodossa, misconoscendo così l’insegnamento del vangelo e la comunione con il Successore di Pietro, il Papa. “La nostra fede è la nostra vita”, affermava a nome di tutti Iuliu Hossu. Questa fu la motivazione del loro martirio. Tutti e sette hanno accolto le torture e gli anni di detenzione in una piena accettazione e gioia interiore, onorati di poter condividere un po’ della passione di Cristo, e perdonando gli oppressori e gli esecutori della persecuzione della loro Chiesa, come anche gli aguzzini di ogni giorno.
Il 2 giugno 2019 sono stati beatificati come martiri a Blaj da Papa Francesco