«Questi testimoni, che hanno seguito Gesù con tutte le loro forze,
che si sono prodigati per la Chiesa e per il Regno di Dio,
rappresentano la vostra più autentica carta d’identità.
Non è forse possibile, ancora oggi, per voi ragazzi, per voi giovani e adulti,
fare della vostra vita una testimonianza di comunione con il Signore
che si trasformi in un autentico capolavoro di santità?
Non è proprio questo lo scopo della vostra Associazione?»
All’avvento della dittatura fascista, la diocesi di Parma era retta da Guido Maria Conforti, nato a Casalora di Ravadese il 30 marzo 1865, il quale, dopo essere stato ordinato sacerdote nel 1888, aveva maturato un’attenzione crescente nei confronti delle missioni, che si era concretizzata con la fondazione nel 1895 del Seminario emiliano delle missioni estere, germe iniziale dei missionari saveriani. Dopo essere stato dal 1896 al 1902 vicario generale della diocesi, il sacerdote parmense era stato designato arcivescovo di Ravenna, dove era rimasto fino al 1904, quando aveva rassegnato le dimissioni per motivi di salute. (…)Sulla scia dell’appello si moltiplicarono le iniziative: per richiamare solo due esempi, l’assemblea diocesana dell’AC del 1935 ebbe un’intonazione fervida per la vittoria in Etiopia; in quest’ottica fu poi promossa una funzione propiziatrice per le armate italiane che stavano avanzando per portare «grandi frutti di bene in quelle terre ancora barbare», sotto l’insegna «del tricolore segnacolo di vittoria e di civiltà latina» (22). Nondimeno la guerra civile spagnola fu vissuta come uno scontro di civiltà, che aveva come posta in gioco la permanenza del cristianesimo: all’ombra di questa concezione non mancarono, quindi, gli inviti ai fedeli ad aggregarsi come volontari ai corpi inviati da Mussolini a sostegno delle milizie di Franco.
Queste convergenze subirono un momento di verifica critica in seguito alla promulgazione delle leggi razziali nel 1938. La “svolta” del regime indusse Colli a chiedere «chiarezza» sulla natura della dottrina razzista, che doveva essere precisata, specificando se essa contenesse «una portata soltanto biologica o anche filosofica, contingente o assoluta, materialistica o anche spirituale». Il presule chiese pubblicamente anche se, al fondo, si accettavano le «verità di fede relative alla discendenza comune del primo uomo creato da Dio, alla comune Redenzione operata da Gesù Cristo, al comune destino eterno soprannaturale». (…) In: Paolo Trionfini, Chiesa di Parma nel lungo viaggio attraverso la dittatura fascista 1926-1945. |