Fondazione Azione Cattolica Scuola di Santità
CATHOLIC ACTION SCHOOL OF SANCTITY FOUNDATION
FUNDACIÓN ACCIÓN CATÓLICA ESCUELA DE SANTIDAD
Pio XI
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Il diario di Leletta. Lettera a Barbato e cronache partigiane dal 1943 al 1945

Autore: Leletta D'Isola
Editore: Istituto piemontese per la storia della Resistenza e della società contemporanea 1994

Le cronache partigiane sono parte del più ampio diario liceale di Leletta – Aurelia Oreglia d’Isola – e si riferiscono al periodo compreso tra il dicembre del 1943 (quando Leletta frequentava la terza liceo a Pinerolo) ed il maggio ’45 (iscritta al primo anno di filosofia a Torino). Figlia di nobili cattolici illuminati, viveva con la madre, il padre e un fratello minore nella villa avita, detta il Palâs, sotto i ruderi di un vecchio castello, a Villar, frazione di Bagnolo Piemonte, ai piedi del Montoso.

Durante i lunghi mesi della guerra di Liberazione il Palâs fu un rifugio di ebrei e perseguitati e, sin dal settembre ’43, anche un rifugio, poi divenuto a poco a poco in parte un luogo d’incontro dei partigiani della zona. Sono quasi tutti comunisti sotto il comando di Pompeo Colajanni, detto Barbato. Il libro si apre con una lettera scritta a Barbato quarant’anni dopo, quando il diario delle cronache partigiane avrebbe dovuto essere pubblicato insieme con le memorie di lui rimaste inedite in seguito alla morte (1987).

Il territorio contadino in cui si svolgono i fatti ha un carattere particolare: la sua fisionomia si colloca nel rapporto tra i signori del luogo e la popolazione contadina. È certo influente la tradizione «feudale» che sopravvive soltanto più come memoria, ma che si traduce in un connettivo umano di reciproca appartenenza e di solidale scambio.

Le famiglie contadine sentono tutto il valore dell’appoggio che scende dalla famiglia nobile, mentre questa giustifica la devozione che le è tributata con un impegno senza limiti nell’opera di assistenza e di attiva presenza nella temperie della guerra.

Il sentimento forte, su cui si fonda la solidarietà e la comune difesa, è quello religioso della fede cristiana, strettamente compenetrato con quello tutto patriottico della libertà, che non conosce preclusioni nella scelta delle alleanze possibili.

Nel Palâs è riservata un’accoglienza senza remore anche ai partigiani «comunisti», con cui si stabilisce un rapporto di confidenza e un dialogo chiarificatore, che scioglie gli irrigidimenti e le intransigenze pregiudiziali.

La piccola comunità di cui si raccontano le vicissitudini – sotto forma di appunti freschi, immediati, realistici – sembra così costituita come un «piccolo feudo partigiano», sotto la guida prestigiosa di Caterina d’Isola (madre di Leletta), l’autorità popolare di Barbato e l’influenza mediatrice del prevosto Bianco.

Per Leletta «quel periodo tragico di guerra fu, ancora nell’incoscienza della prima gioventù, una gloriosa epopea. La lotta per la libertà…, l’incontro con personalità di adulti maturati nella persecuzione, le discussioni ideologiche sincere e vivaci, l’eroismo di alcuni e l’eroica semplicità di tutti furono davvero irripetibile scuola di vita».